domenica 19 agosto 2012

I mercati, Monti e i suoi alleati



“(…) Il 14 luglio, La Repubblica ha pubblicato uno specchietto sui complicati intrecci tra banche d'affari (le multinazionali Morgan Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley), le società di fondi d'investimento da loro controllate e le agenzie di rating.
Lo specchietto è illuminante, ma non di facile lettura. Mi pare quindi utile segnalare da altre pubblicazioni i rapporti tra agenzie e multinazionali, anche con alcuni nomi di quelle cinquemila persone (seimila secondo uno studioso, David Rothkopf) che dai consigli di amministrazione di circa cinquecento multinazionali decidono i destini del pianeta.
L'agenzia Moody's è sussidiaria della Moody's Corporation. L'amministratore delegato è Raymond McDaniel jr. Sono al vertice Basil L. Anderson, della Stable Inc. e della Hasbro Inc. (grandi imprese del settore vendite e servizi); Robert Glauber, della ING Group (multinazionale bancaria e assicurativa con sede in Olanda); Henry McKinnel (della multinazionale farmaceutica Pfizer e della petrolifera Exxon Mobil); Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare); John K. Wulff della Herculer (multinazionale chimica), della Kpmg (multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della petrolifera Sunoco e della Fannie Mae (che insieme alla Freddie Mae deteneva i pacchetti ipotecari della bolla immobiliare e che Bush salvò sull’orlo del fallimento).
La Standard & Poor’s è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Company, con sede a New York, multinazionale dell’editoria, delle comunicazioni e delle costruzioni, proprietaria di Business week; il presidente è Harold McGraw III, che fa parte del vertice della United Technology (multinazionale delle armi) e della Conoco Phillips (multinazionale petrolifera ed energetica); siedono al vertice: sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup Europa e dirigente della Henry Schroder Bank di Londra; Douglas Daft presidente della Coca Cola Co. (che fa pubblicità su paginate di giornali italiani vantando il cospicuo contributo al nostro PIL); Hilde Ochoa-Brillenmbourg, dirigente del Credit Union World Bank del Fondo Monetario Internazionale (FMI), i cui saggi suggerimenti hanno portato alla rovina interi paesi; James H. Ross, della British Petroleum (la cattiva manutenzione di uno dei cui pozzi sottomarini ha sparso devastante petrolio sulle coste degli Stati Uniti); Edward B. Rust jr, presidente della compagnia di assicurazione State Farm Insurance, direttore della Helmyck & Paine (grande impresa petrolifera); Sidney Taurel, presidente della multinazionale farmaceutica Eli Lilly (che in passato ha avuto tra i suoi dirigenti Kenneth Lay, condannato per la bancarotta della Enron, indice del fatto che, nelle competizioni tra le multinazionali, qualcuna può soccombere) e direttore della grande IBM.
L’agenzia Fitch di New York è sussidiaria della multinazionale di servizi Fimalac con sede a Parigi. Il 20% del suo pacchetto azionario è di proprietà della multinazionale nordamericana delle comunicazioni Hearst. Il suo presidente è Marc Ladreit de Lacharrière, dirigente della Renault e della Banque de Suez. Tra i dirigenti figurano David Dautresme della banca Lazard Frères; Philippe Lagayette, della Jp Morgan & C.ie; Bernard Mirat della Cholet Dupont (società finanziaria); Bernard Pierre della Fremapi (grande impresa dei metalli preziosi, settore verso il quale possono essere stati indirizzati gli investimenti ricavati dalla vendita dei titoli pubblici di Paesi europei).
Il lettore che si è affaticato a seguire questo elenco ha il vantaggio di poter sostituire nomi di persone fisiche (magari ricavandone le biografie su Internet) alla mendace espressione “i mercati”, che non ci fa capire contro chi l’Italia sta combattendo una guerra che forse non ha perso del tutto. (…)” (da un testo di Giovanni Galli su ‘Linus’ agosto 2012)

Per capire chi sta conducendo questa guerra, riporto sotto l’elenco, risultante da wikipedia, delle collaborazioni con organismi internazionali del prof. Mario Monti :
“È stato, tra il 2005 e il 2008, il primo presidente del Bruegel, un comitato di analisi delle politiche economiche (think-tank), nato a Bruxelles nel 2005.
Nel 2010 è inoltre divenuto presidente europeo della Commissione Trilaterale, un gruppo di interesse di orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller e membro del comitato direttivo del gruppo Bilderberg. Da questi incarichi si è dimesso il 24 novembre 2011, a seguito della nomina a Presidente del Consiglio.
Tra il 2005 e il 2011 è stato international advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute, presieduto dalla economista statunitense Abby Joseph Cohen.
È stato inoltre advisor della Coca Cola Company, membro del "Senior European Advisory Council" di Moody's ed è uno dei presidenti del "Business and Economics Advisors Group" dell'Atlantic Council.
È editorialista de Il Corriere della Sera e autore di numerose pubblicazioni.”
Il fatto di ritrovare nelle “collaborazioni” del prof. Monti alcuni nomi di società precedentemente citate introduce un interrogativo: con chi sarà alleato, nella ‘guerra’ contro i ‘mercati’ l’attuale Presidente del Consiglio? E con chi sarà, obbiettivamente, alleato chi l’ha proposto e lo sostiene?

                                                                                                                                      Leonardo Bertelli


Una colonna all'ALBA

Riportiamo qui sotto l'articolo che il quotidiano locale Il Tirreno ha dedicato alla nascita del Nodo Territoriale labronico di ALBA.


Mobilità e ambiente a Livorno


Pubblichiamo il testo di Paolo Cascinelli (nella foto sotto) scritto nel febbraio 2011 per il comitato “Vivere il centro”, che l'autore ha sintetizzato nel suo intervento per la conferenza stampa di presentazione di ALBA Livorno.


In relazione al Piano Strutturale e considerato che nei confronti del problema della mobilità, amministratori, partiti e associazioni ambientaliste rimangono nel vago, ci permettiamo di fornire alcuni suggerimenti peraltro già presentati agli uffici competenti del Comune, in occasione del progetto "pensiamo in grande" che in teoria prevedeva il coinvolgimento dei cittadini ma di cui si è persa traccia. Il progetto era incentrato sulla riqualificazione dell'area del pentagono del Buontalenti e in particolare della via Grande. Per quest'ultima però si indicava quasi esclusivamente una riqualificazione di tipo strutturale in accordo con le associazioni dei commercianti, chiedendo il contributo finanziario dei residenti proprietari.
Il lavoro del comitato "Vivere il centro" è consistito nel porre l'attenzione sul fatto che non ha senso parlare di riqualificazione dell'area senza procedere a una sua bonifica ambientale. Il punto di partenza inerente al progetto deve quindi riconsiderare il ruolo della via Grande alternativo a quello assegnatogli quale arteria di collegamento del comparto sud-nord della città. Un esempio negativo senza confronti in Toscana, dove le strade storiche o considerate tali sono pedonalizzate, vedi: Firenze, Pisa, Lucca, Siena, Arezzo, Pistoia, Grosseto, Prato ecc., per non citare i centri minori. Siamo convinti che questo esempio di traffico autostradale lento, senza nessun tipo di limitazione nel cuore della città, non trovi riscontro in nessun altro centro urbano capoluogo di provincia d’Italia. Sulla via Grande e sull'omonima piazza compreso il largo Duomo e tralasciando per motivi di sintesi l'impatto ambientale del porto, gravitano: la stazione degli autobus urbani, la stazione degli autobus extraurbani, questi ultimi dirottati tutti in arrivo-uscita dalla via Grande, la stazione degli autobus da crociera nella adiacente via Cogorano e la stazione dei taxi. Vi sono tre semafori, una corsia preferenziale di autobus a sola segnaletica orizzontale e due stop intermedi trasversali, una serie di parcheggi lungo tutto il margine destro della carreggiata e sei attraversamenti pedonali compresi quelli ai semafori. 
 Intorno alla via Grande nelle zone a ZTL contrassegnate dalle lettere B - C - D - E esiste una fitta serie di parcheggi a pagamento definiti “di prossimità” compresi quelli lungo il perimetro dei fossi che di fatto snaturano le ZTL, nonostante l'adozione di un numero limitato di telecamere, insufficienti a coprirne i varchi. A questo si aggiunge l'inveterata abitudine dei livornesi al mancato rispetto dei divieti, favorita da una inadeguatezza nei controlli da parte degli addetti ai lavori. Le multe effettuate per infrazione al codice della strada sono al 99% per divieto di sosta essendo le ZTL serbatoi sicuri per questo tipo di infrazioni, motivo desumibile per cui i vigili si guardano bene dall'impedire accessi in zone a divieto di transito ma anche nelle zone pedonali. Da non sottovalutare il problema dei circa 3800 permessi concessi dal comune a ditte, liberi professionisti, privati cittadini, spedizionieri, gestori di esercizi e commercianti, i SUV spacciati per mezzi di lavoro e i sedicenti disabili che circolano senza avere nessuna patologia se non quella di un parente deceduto o meno. Nella lista degli inadempienti sono da annoverare anche molti amministratori e funzionari pubblici che spesso sono i primi a ignorare le regole del codice della strada.


Ad una delle città tra le più inquinate d'Italia per la presenza di un polo petrolchimico, di due centrali termoelettriche, un inceneritore anch’esso a ridosso di zone residenziali o insediative, del porto che si affaccia sul centro e altri insediamenti industriali di provata nocivita’ (stando al rapporto di Medicina Democratica Livorno occupa un non invidiabile secondo posto in relazione al numero di abitanti, preceduta da Taranto e comunque inserita nei siti di interesse nazionale, per la direttiva Seveso), come si risponde in materia di traffico? Con il taglio di un 1.000.000 (un milione) di chilometri nel trasporto pubblico stabilito dalla Regione? Accodiscendendo agli umori delle lobbies settoriali che hanno proposto di riaprire il traffico privato davanti al mercato centrale e di trasformare le scuole Benci nell'ennesimo parcheggio? O con la richiesta dell’ACI di un megaparcheggio sotterraneo nelle fondamenta del Teatro Grande, proponendo di inserire nella via Grande il doppio senso di circolazione?
L'inutilizzo dei previsti “parcheggi scambiatori”, come quello di viale della Libertà o l’altro più recente, in cui mancano indicazioni e parchimetri, in via del Corona e la rottamazione dei 20 minibus elettrici-navetta acquistati nel '99 al costo di 700 milioni di vecchie lire, sembrano inquadrarsi in questa visione della mobilità. Nel corso dell’ultimo ventennio si è proceduto anche con la politica del frazionamento dei vecchi immobili nel centro aumentando il fabbisogno di posti auto e si è continuato con il progetto di un quadrilatero di edifici, che prevede la sparizione dell’unico spazio verde in piazza del Luogo Pio, per 1000 persone e altri 250 posti auto. Stessa considerazione per l'ex Palazzo delle Imposte al Cisternone che comporta sempre a ridosso del centro un ulteriore bisogno di circa 500 posti auto.

Nel corso del 2005 sono entrate in vigore le normative europee sul contenimento e la misurazione delle pm10. Dai dati rilevati su internet dal sito Arpat dello stesso anno (di cui conserviamo copia), nella centralina di viale Carducci, nei soli primi tre mesi dell’anno, sono stati superati per un numero di quattro volte superiore i 35 sforamenti ammessi nell’arco dei 12 mesi. In tutto il 2005 sono stati totalizzati 123 sforamenti. La soglia massima ammessa è di 50 mg/m3 giornalieri mentre la media annua non consente più di 40mg/m3. In gennaio-febbraio-marzo sono stati raggiunti 40 giorni di valori fuori norma con punte come quella del 13 gennaio di 98mg/m3, considerata di pericolo per la salute umana, e rispettivamente il 3-14-21 gennaio di 82-88-89 mg/m3 senza che sia stato preso nessun provvedimento, quando il valore considerato di allarme è di 78mg/m3. Si continua il 10 febbraio in 79 mg/m3 e il 4-16-17 marzo con 78-82-78 mg/m3, con gli altri 30 sforamenti distribuiti nel periodo in esame con una prevalenza in gennaio. Successivamente al 2005 è cambiato il sistema di valutazione della media giornaliera e non è stato più possibile avere dati precisi e soprattutto non si riesce a sapere nulla sui dati specifici nei punti più critici di esposizione al traffico come via Grande o via De Lardarel.
Le patologie collegate agli effetti delle sostanze emesse dalla combustione degli idrocarburi usati dai mezzi di trasporto pubblici e privati nei centri urbani sono note: dalle malattie allergiche e asmatiche a quelle cardiache e tumorali.
Per quanto riguarda l’inquinamento acustico sappiamo che i danni provocati all’organismo da fonti di rumore continuative e innaturali sono riferibili a carico del sistema nervoso e neurovegetativo oltre ad essere responsabili di alterazioni dell’udito e di aumento della sterilità. Un decibel è scarsamente percepibile dall’orecchio umano, ma lo sono invece i 30 emessi da un’auto con sistema di scarico nuovo e i 70 di un autobus, che vanno moltiplicati per migliaia di volte nell’arco delle 24 ore.
Esiste poi una casistica di patologie legate al traffico nei centri urbani che vengono scarsamente considerate, ma non per questo sono da sottovalutare. L’Università di Verona ha commissionato negli anni scorsi uno studio sulle malattie da stress collegate “a traffico e comportamenti aggressivi”, prendendo non a caso a riferimento “il modello” Livorno, servendosi del concorso di due docenti dell’Università di Pisa, Paolo Rognini e Paolo Fuligni. In questo studio-inchiesta, viene evidenziato come il comportamento scorretto dei conducenti di veicoli generi atteggiamenti e patologie pù o meno inconsce che producono quell’effetto conosciuto come stress, accompagnato da disturbi neurovegetativi e ansiogeni. Un automobilista normalmente corretto, ma anche un passante che assiste al ripetersi di episodi infrattivi o scorretti, reagisce con tipologie diversificate di comportamento, facendosi coinvolgere in un effetto domino di inosservanza del codice della strada, oppure reprimendosi e inibendosi emotivamente con effetti negativi sul tono dell’umore e con ripercussioni psicosomatiche anche nel lungo periodo. L’effetto domino è particolarmente evidente nella formazione “educativa” nei confronti dei giovani, futuri utenti della strada.

Tralasciamo in questa sede il problema della la tutela e dell’integrità delle acque interne che non rientra nella statistica in oggetto, ma ricordiamo che anche i natanti parcheggiati lungo i canali sono dotati di motori a scoppio (quasi tutti con inquinantissimi motori 2t) e che come tutti gli altri veicoli in sosta esalano carburante e in misura maggiore benzene che, per le sue particolari caratteristiche di volatilità, contribuisce all’inquinamento complessivo dell’area interessata anche se di natura passiva (quando non sono in funzione).

mercoledì 1 agosto 2012

Conferenza stampa: il video

Pubblichiamo il video di una parte della conferenza stampa di presentazione del nostro Nodo Territoriale ringraziando l'autore delle riprese, Giacomo Bazzi. Nella pagina della Fototeca, all'inizio della colonna qui accanto, trovate invece il servizio fotografico realizzato nella stessa occasione da Serena Toninelli.

Obiettivo "Buen vivir"

Pubblichiamo l'intervento di chiusura dell'attuale Referente locale di ALBA, Marcello Lenzi (a sinistra nella foto sotto), in occasione della conferenza stampa di presentazione del Nodo Territoriale livornese (30 luglio 2012).
L’epidemia finanziaria ed economica internazionale, europea, comunitaria, nazionale allunga le proprie conseguenze nefande anche ai territori locali. Per questo non è pensabile risolvere i problemi delle aree regionali e sub-regionali senza avere una bussola che ci aiuti ad orientarci rispetto a percorsi che ci portino fuori da questa sofferenza globale e locale al tempo stesso. La nostra stella polare è costituita dalle migliori elaborazioni di progetto politico che la Sinistra internazionale - in senso esteso - ha saputo sviluppare negli ultimi vent’anni. In particolare un contributo decisivo è venuto dalle esperienze di molti paesi latinoamericani - a partire dall'Agenda 21 di Rio 1992 e via via precisate attraverso gli appuntamenti di Seattle e Porto Alegre, la crisi Argentina e gli esperimenti di governo succeduti al cambiamento del quadro politico in molti di quei paesi che ha portato in alcuni alla promulgazione di Costituzioni che hanno introdotto a proprio fondamento il Buen vivir dei popoli. C’è un precedente analogo: la Dichiarazione d’indipendenza degli USA, ma anche una sostanziale differenza: lì il diritto alla felicità è un diritto individuale, noi invece pensiamo anche ad un diritto collettivo come bene comune. E non dimentichiamo il contributo personale di tanti più o meno noti che nel nostro paese hanno prodotto una riflessione densa e articolata e credibile che ha portato alla nascita di ALBA. 
Come declinare un obiettivo planetario a livello di una città o anche di una area vasta come si usa dire oggi a proposito del comprensorio Livorno – Pisa – Collesalvetti è l’impresa su cui vogliamo provare a cimentarci.
Il Buen vivir si basa su alcuni cardini che ricorrono anche nel nostro nome come Lavoro - Beni comuni - Ambiente, ma anche su altri cardini non meno importanti: Democrazia partecipata - Economia solidale e delle relazioni - Economia del limite, in un'ottica che ribalta il senso del benessere dalla quantità alla qualità, che fa della sobrietà, del non-spreco, del risparmio di energia, di risorse, di suolo un esempio di nuove abitudini collettive virtuose. Ecco allora alcuni dei temi su cui chiederemo il confronto con i cittadini, organizzati in soggetti collettivi o singoli, che in ogni modo in questi ultimi anni si siano fatti carico di interessi che siano compatibili con le nostre premesse.
Valorizzazione, sostegno, incremento
- dei percorsi effettivi di democrazia partecipata a cominciare dai bilanci delle istituzioni locali;
- di tutte le forme di lavoro che non confliggono con la salute dei lavoratori e delle popolazioni;
- della salute pubblica a cominciare dall’abbattimento delle sostanze che intossicano i cittadini e che sono prodotte da una politica dei trasporti sia urbani che extraurbani che privilegia mezzi che usano combustibili derivati dal petrolio e dalle industrie - di cui fanno parte anche tutte le forme di inceneritori comunque le si chiamino - che stringono la città in una morsa che ci colloca ai primi posti in Italia per l’inquinamento e alcune conseguenti malattie;
- della massiccia introduzione di dispositivi che si basano sul risparmio energetico e sull’uso di fonti alternative di energia, oggi apprezzabilmente competitive, almeno a partire dagli edifici pubblici e industriali;   
- di ogni forma che anziché consumare altro suolo, con un costo irrecuperabile per la qualità della vita (costo che non viene mai considerato ma che ricade peggiorando la vita dei cittadini) attiva percorsi di riuso e ristrutturazione del patrimonio pubblico e privato che è assolutamente già superiore alle esigenze della nostra popolazione. Il patrimonio pubblico censito e ristrutturato anche con forme di responsabilizzazione di soggetti collettivi di cittadini associati, se messo a disposizione di chi ne è il legittimo proprietario, favorisce la socialità e la crescita della identità e della responsabilità verso i beni comuni;
- di ogni pianificazione della città che favorisca la sicurezza effettiva dei cittadini attraverso la sinergia prodotta dal rafforzamento della socialità, dalla riscoperta della nostra identità di città delle tante nazioni, dalla riappropriazione dell’uso sociale di strade e piazze, oggi ridotte a canali di scorrimento del traffico urbano (per il quale abbiamo anche tristi primati per dannosità) e parcheggi, dall’uso di forme di illuminazione pubblica a led che permettano al contempo una maggiore distribuzione dei punti luminosi, un consistente risparmio sulla bolletta, una percorribilità facilitata per i disabili, un minor inquinamento luminoso per il quale si fa ogni anno un bel convegno al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo, ma non un solo passo verso la messa in atto di buone pratiche;
- del senso di comunità attraverso un programma di valorizzazione della storia della città e dei valori positivi che le generazioni passate ci hanno lasciato attraverso un uso adeguato della toponomastica e degli arredi urbani artistici (perché non seguire esempi come Trieste dove, passeggiando per il centro, ti imbatti in statue di bronzo a dimensioni normali e in pose informali di grandi protagonisti che hanno portato lustro alla città come Svevo, Joyce e Saba;
- di manutenzione e decoro della città e del suo patrimonio verde con arredi urbani e utilità che rendano piacevole e confortevole per abitanti e turisti la pratica socializzante e salutare del passeggio pubblico, sia a piedi sia in bicicletta, favorito da un clima e da un profilo altimetrico che ci avvantaggia rispetto a città come Ferrara che pure ne ha fatto il proprio biglietto da visita;
- della progressiva attuazione della delibera comunale su Rifiuti Zero di ben due anni fa e dello sviluppo della raccolta differenziata che, iniziata 10 anni fa, praticamente è rimasta al palo mentre doveva introdurre progressivamente la raccolta porta a porta e la riduzione degli imballaggi, anche con forme premiali (esempi come Capannori sono anche vicini);   
- di politiche delle infrastrutture che privilegino gli spostamenti per acqua (autostrade del mare - di cui si parla ad ogni confronto elettorale salvo rimettere tutto nel cassetto dopo il voto - e canali interni come quello dei Navicelli) e su rotaia, anche col ripristino intelligente di rami dismessi (ad es. il trenino per Tirrenia inteso come metropolitana leggera fra S.Marco e Pisa a maggior ragione ora che si parla di unificazioni delle province) e collegamento diretto Porto - Firenze cosi come c’è la Fi-Pi-Li);
- dell’utilizzo del teleriscaldamento per abbattere le emissioni inquinanti e climalteranti, laddove possibile, per sfruttamento o di zone a bassa entalpia  (v. studi CNR sulla piana di Guasticce) o di impianti industriali che disperdono il calore nell’aria (raffineria) o nell’acqua (centrale ENEL);
- di semplificazione ulteriore dei rapporti fra cittadino e P.A. affiancando la forma online a quella tradizionale, ma non abolendo quest’ultima come in qualche caso (la firma digitale) che di fatto esclude chi si trova nella condizione di digital divide (per primi gli anziani);
- delle tante realtà associative del volontariato e della cultura che costituiscono un valore fondamentale per la città poiché con le loro attività alleggeriscono i compiti delle istituzioni e producono benessere sia per i singoli (sia per chi le fa sia per chi le riceve) sia per la comunità. Già si impegnano nella  promozione della cultura della solidarietà e della conoscenza, ma trovano spesso ostacoli che dovrebbero essere rimossi (il più comune dei quali è una sede) e dovrebbero invece essere supportate almeno mettendo loro a disposizione qualcuno degli innumerevoli locali di proprietà dei cittadini di cui non esiste neppure un censimento preciso e che si lasciano degradare per incuria oltre che per difficoltà economiche ed invece le associazioni potrebbero accollarsi in parte l’onere di restaurarle e mantenere così a costi modesti proprietà del patrimonio pubblico.   
E’ questa una sintesi di contenuti presenti negli interventi che mi hanno preceduto e che hanno illustrato in modo più particolareggiato alcuni dei temi che abbiamo discusso nei nostri incontri settimanali di questi due mesi. Continueremo ad approfondirli e a cercarne altri, e cominceremo a chiedere e accettare confronti con tutti coloro, in città, singoli e collettivi, partiti, centri sociali, comitati, gruppi d’interesse che si collocano nella prospettiva che un altro mondo è possibile.

Per una reale democrazia partecipativa

Pubblichiamo il contributo di Leonardo Bertelli (a destra nella foto sotto) alla conferenza stampa di presentazione del Nodo Territoriale livornese di Alba (30 luglio 2012).


Democrazia e partecipazione
(diffondere il potere, non concentrarlo)

La democrazia rappresentativa ha bisogno... sia di una sua riforma interna in senso proporzionale, sia di essere arricchita da nuove forme di democrazia partecipativa.”
...il sistema rappresentativo è l'unico che garantisce la partecipazione di tutti i cittadini in condizioni di voto segreto... ma per affrontare l'attuale crisi (della democrazia e dei partiti) deve essere associato alla democrazia partecipativa... l'attività costante della partecipazione alimenta e garantisce, stimola e controlla la qualità della rappresentanza e la qualità della politica pubblica.”
Tra i cittadini è cresciuto il desiderio di riappropriarsi di ciò che è comune, non solo beni ma anche processi. La democrazia si allarga e diventa più inclusiva: delle nuove forme di partecipazione dei cittadini, della gestione dei beni comuni, della società civile che interagisce, in piena autonomia, con una sfera politica che si apre alla cittadinanza invece di chiudersi come un riccio.”
Troppe volte la 'partecipazione', come viene praticata dai partiti ansiosi di dimostrare la loro disponibilità e la loro 'modernità', ha assunto il volto dello 'sfogatoio' con assemblee caratterizzate da un confusionismo generale. Occorre invece uscire da questa mistificazione della sovranità popolare, e allo stesso tempo destrutturare una sovranità popolare totalmente fondata sulla delega. Occorre trasformare il livello prepolitico della partecipazione in diritto alla democrazia... L'istituto della partecipazione riduce la discrezionalità delle scelte politico-amministrative, obbligando le istituzioni a prendere in considerazione le istanze partecipative e ad argomentare in maniera più circostanziata le proprie decisioni.”
La partecipazione ha necessità di rispettare tre capisaldi:
  1. L'informazione: la trasparenza e l'accesso possibile e reale dei cittadini partecipanti a tutti i dati preliminari all'oggetto delle decisioni deve costituire il presupposto per una reale partecipazione;
  2. Le tecniche e le risorse umane e materiali per attuarla: il processo partecipativo è normato e calendarizzato, deve inoltre essere seguito e raccolto da tecnici neutrali ed esperti;
  3. La continuità: è un processo, non un momento, che contribuisce così alla formazione di un prezioso capitale umano per qualsiasi democrazia cioè gruppi crescenti di cittadini informati, attivi e con le idee chiare su che cosa costituisce una cultura democratica, che contribuiscono alle scelte e ne controllano l'attuazione.
Per ciò che concerne la nostra città sono andato a rileggermi quello che l'attuale Sindaco scriveva nel suo programma elettorale ampiamente disatteso e largamente inattuato :
...insieme per governare il cambiamento... superamento di una visione gerarchica... idea della partecipazione come motore di cambiamento... i cittadini non più solo destinatari delle azioni di governo, ma essi stessi azioni di governo... la partecipazione si evolve a strumento per costruire e mantenere i legami sociali, per riaffermare e difendere una visione comunitaria del territorio... Livorno 'città della partecipazione'”
Non casualmente i processi partecipativi iniziati (Cisternino 2020, Pensare in grande) sono stati abbandonati e miseramente falliti. Il referendum sulla localizzazione di un ospedale nuovo non ha dato il risultato voluto dai 28.317 cittadini livornesi che hanno partecipato, ma, strumentalizzando i cittadini assenteisti, è stata assunta la scelta opposta, dichiarando che è da considerare “normale”non aver esercitato il diritto-dovere di voto.
Anche per questo ci batteremo per l'eliminazione del quorum in tutti i referendum.
Per la redazione del nuovo strumento urbanistico cittadino l'Amministrazione Comunale ha dichiarato che avrebbe scelto un metodo partecipativo ed ha indetto una gara per scegliere il gruppo dei tecnici che seguisse la partecipazione; di tale gara si è persa ogni traccia.
Come lo strumento urbanistico interessa tutti i cittadini perché dà forma e sostanza a tutto il territorio comunale coinvolgendo i temi dell’ambiente, del lavoro, delle risorse, così il bilancio comunale è l’atto che determina tutte le scelte di spesa del Comune e quindi l’attività ed i servizi del Comune stesso a favore di tutti gli amministrati; tuttavia mai, nella nostra città, è stato affrontato il percorso per un bilancio partecipato, anzi il coordinatore cittadino del PD, per giustificare una mancata pubblicizzazione dell’atto ha parlato di ‘bilancio tecnico’, come se le scelte ivi contenute non fossero l’elemento essenziale della politica economica dell’Amministrazione Comunale.
È nostro obbiettivo contribuire ad aggregare, in modo egualitario, intorno ai temi esposti tutte le individualità autenticamente democratiche della città, senza chiedere abiure o rinunce ad adesioni alle formazioni partitiche dell’area convenzionalmente definita di sinistra, purchè ciascuno di noi abbia capacità di ascolto e volontà di confrontarsi e di decidere insieme.


Nella foto sopra, il Cisternino di Città, protagonista di uno dei processi partecipativi iniziati e abbandonati dal Comune.

Un Bene Pubblico: il patrimonio immobiliare.

Pubblichiamo il contributo di Simona Repole (a destra nella foto sotto) alla Conferenza stampa per la presentazione del Nodo Territoriale livornese di ALBA (30 luglio 2012)


Beni comuni

Una delle tre parole chiave del programma di ALBA è “Beni comuni”.
La nozione di bene comune non è tanto da riferirsi alla specifica proprietà pubblica, quanto alle modalità di gestione ed utilizzo di quei beni che hanno un valore di interesse generale e per la gestione dei quali devono essere previste adeguate forme di controllo dal basso, da parte della collettività.
Beni comuni sono l’acqua, il suolo, i servizi pubblici di interesse generale, il patrimonio culturale, artistico, monumentale e paesaggistico.
La profonda crisi economico-finanziaria, la riduzione dei trasferimenti agli Enti territoriali, la crisi di liquidità sono stati tutti fattori che hanno spinto, negli ultimi anni e nella logica di fare cassa nell’immediato, verso politiche di vendita dei beni pubblici, di dismissione di partecipazioni pubbliche, nonché di privatizzazione di servizi di interesse generale.
Tra i cardini del programma di ALBA c’è proprio quello di difendere i beni comuni da una privatizzazione spinta all’eccesso, in favore di una gestione ed un controllo partecipati, per garantire il diritto di tutti all’accesso ed all’utilizzo dei beni comuni stessi.
I servizi di interesse generale ed i servizi pubblici locali sono stati oggetto di ripetuti interventi normativi che, a partire dai Novanta, hanno spinto verso la progressiva privatizzazione delle società pubbliche quale strumento di apertura al mercato e di acquisizione di risorse finanziarie per altri scopi utili.
Se può essere condivisibile la logica che vuole circoscrivere l’azione degli Enti territoriali alle proprie funzioni istituzionali e di servizio, dall’altra - oggi - è del tutto evidente che l’intento di liberalizzare totalmente alcuni servizi in nome di una migliore efficienza e minori costi non abbia, il più delle volte, portato ai risultati sperati, anzi!
I servizi di interesse generale ed i servizi pubblici locali possono, invece, diventare il braccio operativo attraverso cui le Amministrazioni locali - e attraverso di esse, le comunità locali - potrebbero avviare una politica economica in molti dei settori cruciali per la riconversione ecologica: energia, mobilità, risorse idriche, agricoltura, gestione del territorio.
In tema di servizi pubblici, preme menzionare il caso eclatante del referendum dello scorso anno con il quale i cittadini si sono inequivocabilmente espressi contro la privatizzazione dell’acqua.
Il legislatore, successivamente, ha cercato di far rivivere la normativa abrogata nell’ambito della manovra dell’agosto 2011, ma proprio pochi giorni fa la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 199 del 17 luglio 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di detta normativa.
La politica ha il dovere di trovare strade alternative concrete alle politiche di liberalismo nell’ambito della gestione dei beni comuni, che devono essere gestiti in modo efficiente e partecipato ed avendo come obiettivo primario la massima accessibilità da parte della collettività.

Parlando di beni comuni, una riflessione merita anche il tema della gestione ed alienazione del patrimonio immobiliare pubblico.
Anche in questo caso, per dare ascolto alla sola istanza finanziaria di “fare cassa”, la normativa più recente ha spinto verso processi di dismissione del patrimonio pubblico, senza riflettere sul fatto che, spesso e volentieri, una valorizzazione immobiliare proiettata sulla strategia del “convertire-riqualificare-recuperare” il patrimonio (che non viene alienato, anzi aumenta di valore) possa essere più conveniente in termini economici e sociali.
Oggi si deve puntare su processi di valorizzazione e di messa a reddito del patrimonio pubblico avendo una visione più ampia, che preveda il coinvolgimento e la partecipazione della cittadinanza nella definizione delle destinazioni d’uso, e che non si riduca solo ad alienazioni immediate che, spesso, scontano l’inevitabile minor valore derivante da un mercato immobiliare attualmente limitato dalla crisi di liquidità. Non svendere il patrimonio immobiliare pubblico vuol dire tutelare il risparmio, anch’esso un bene comune costituzionalmente garantito.
La valorizzazione del patrimonio pubblico, oggi, ha l’obbligo di rispondere ad esigenze di natura economica, sociale e generale e può diventare oggetto di progetti, iniziative e processi partecipativi locali di grande rilevanza.
Piuttosto che puntare sulla realizzazione di grandi e costose opere pubbliche, occorre rilanciare la spesa pubblica “buona”, che è anche quella che consente di recuperare il patrimonio esistente, di evitare ulteriore consumo del territorio, di rinvestire nella riconversione ecologica.
Su questo bisogna pensare all’opportunità che gli Enti territoriali, in particolare, hanno per affermare un loro nuovo protagonismo in tema di valorizzazione del patrimonio immobiliare, vista anche la prospettiva di trasferimento agli stessi dei beni dello Stato, mediante il cosiddetto federalismo demaniale.
Proprio gli Enti territoriali oggi devono cogliere l’occasione di ricondurre e collegare il tema della valorizzazione immobiliare a quello dello sviluppo e della riqualificazione del territorio.
D’altra parte, la non corretta valorizzazione del patrimonio è, comunque, una forma di spreco delle risorse pubbliche che va contrastata.

Alcune proposte di ALBA per i beni comuni:
- Promozione di politiche ed interventi di recupero, valorizzazione e riqualificazione del patrimonio pubblico esistente, anche mediante piccoli progetti di collaborazione tra Enti e le realtà associative presenti sul territorio.
- Promozione di iniziative di partecipazione pubblica nell’ambito della definizione dei Piani Triennali delle Opere Pubbliche degli Enti Territoriali, al fine di individuare, in modo partecipato, le opere ed i servizi diffusi di interesse collettivo da finanziare in modo prioritario, quali reti idriche, acquedotti, strade, interventi di riassetto idrogeologico, messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici, ecc..
- Reinvestire in politiche sociali le risorse finanziarie derivanti da una migliore valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
- Coltivare la cultura e il radicamento del senso di appartenenza e della cura del proprio territorio. Bisogna promuovere l’attenzione e la cura che le comunità devono avere nei confronti dei beni comuni che hanno in consegna per conto di tutta l’umanità.
- Promuovere strumenti di pianificazione urbanistica partecipata finalizzata alla valorizzazione e riqualificazione delle aree pubbliche e del territorio.
- Definizione, da parte degli Enti pubblici proprietari, di “Piani di Razionalizzazione” per un uso più efficiente degli spazi di proprietà pubblica destinati a fini istituzionali. Il che potrebbe consentire di recuperare nuovi spazi già “pronti per l’uso” da mettere anche a disposizione delle realtà sociali e dell’associazionismo in generale che sul territorio contribuisce attivamente, al fianco degli stessi Enti pubblici, ad erogare servizi di interesse generale in favore della collettività.
- Definizione di strumenti più efficaci di controllo dei servizi pubblici locali gestiti da società pubbliche e/o miste.